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1000 Donne di pace nel mondo
1000 Donne per il Premio Nobel per la Pace 2005 continua il suo lavoro di sensibilizzazione e collaborazione con donne attorno al globo sotto la denominazione PWAG PeaceWomen Across the Globe.
Dal 25 novembre al 10 dicembre hanno partecipato con un ricco programma alla campagna 16 giorni contro la Violenza sulle donne organizzata e fortemente sostenuta e portata avanti da vari movimenti nel Berner Münster, la Cattedrale di Berna, e altri luoghi. PWAG PeaceWomen Across the Globe gode del patronato UNESCO.
La campagna 16 giorni contro la Violenza sulle donne è stata iniziata il 25 novembre 1991 dal Center for Women’s Global Leadership. Il 25 novembre è stato dichiarato Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Il 10 dicembre Giornata dei diritti umani. Manifestare in molte maniere fra queste due date piene di significati in tutta la Svizzera e altrove s’impone. Anche e soprattutto per le Donne per la Pace impegnate in molteplici movimenti. Fra quelli aderenti alla manifestazione si trova in prima linea il cfd, (Christlicher Friedensdienst), con sede a Berna. Il cfd sottolinea giustamente la necessità di stabilire il concetto di violenza contro le donne, in quanto spesso non è riconosciuta a prima vista. Molte e varie sono le sue forme, fra cui anche la discriminazione e l’ingiustizia sociale.
Violenza non è esercitata solo da una persona singola, ma spesso è indirettamente frutto di disuguali opportunità di vita. Approfondire le connessioni fra le varie forme di violenza è il motivo principale per cui il cfd partecipa alla Campagna contro la violenza su donne. In generale e in particolare è stata presente, dal 25 novembre al 10 dicembre, in varie città e luoghi con conferenze, manifestazioni, distribuzione di nastri bianchi come simboli per il rifiuto della violenza.
Non solo violenza entro le mura domestiche, non solo violenza sessuale, ma altre forme come il sessismo nella pubblicità, il commercio di donne, la discriminazione di genere e l’ineguaglianza di retribuzioni, la militarizzazione e sicurezza sono forme di violenza di cui si è parlato durante queste manifestazioni. In particolare è da menzionare il seminario “Donne e uomini nei conflitti” che il 28 novembre ha presentato tre casi specifici: “Palestinian Women’s Working Society for Development” a Nablus/Palestina, “Centre d’Aide Psychologique” a Sidi Moussi/Algeria, e “Women’s Wellness Center” a Peja/ Kosovo.
La mostra allestita dal PWAG col titolo “Ritratti di pace” è stata allestita nella Cattedrale di Berna e continua il suo iter attorno al mondo.
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Segni dei Tempi, RSI LA1, 13 maggio 2006
Mille donne per la pace. La candidatura di mille donne al Premio Nobel
documentario televisivo (prima parte)
Segni dei Tempi, RSI LA1, 20 maggio 2006
Mille donne per la pace. La candidatura di mille donne al Premio Nobel
documentario televisivo (seconda parte)
Amina Afzali
Afghanistan
Per 23 anni Amina Safi Afzali ha lottato per i diritti per le donne, poco dopo essersi laureata all’Università di Kabul. Quando l’Afghanistan è stato invaso dai Russi, lei è scappata in Iran dove ha creato un’istituzione educativa polivalente per combattere l’analfabetismo, incrementa la conoscenza dei computer e insegna la lingua inglese a ragazze afgane rifugiate e rifiutate da scuole iraniane. Partendo dall’Iran, Amina ha guidato una delegazione di donne afgane alla 4° Conferenza Internazionale delle Donne tenutasi a Bejing in Cina. Diverse squadre femminili di atletica ai giochi olimpici sono state iniziate da lei.
È pure firmataria dell’Accordo di Pace di Bonn del 2001.
Come molte donne afgane istruite, Amina Afzali sentiva e sente molto la discriminazione esistente nei confronti delle donne in Afghanistan. Questo l’ha motivata per migliorare il loro riconoscimento. Le sue attività in Iran e la partecipazione a conferenze internazionali hanno fatto capire a Amina quant’è estesa la partecipazione delle donne alla vita pubblica in molti altri paesi.
Queste esperienze, unite ai tangibili benefici prodotti dalle sue varie attività, hanno rafforzato il suo impegno e senso di responsabilità lavorando senza sosta per il benessere delle donne, specialmente in Afghanistan, anche dal suo esilio in Iran.
In quanto firmataria dell’Accordo di Pace di Bonn, Amina Afzahli è molto fiduciosa che a tempo debito la sfortunata situazione delle donne in Afghanistan migliorerà e in futuro affermeranno libertà, giustizia e democrazia nel paese. Malgrado le esistenti circostanze presentino numerosi ostacoli a questa visione, questi non sono insormontabili e, secondo lei, questa visione può essere realizzata con persistenti sforzi e impegno totale.
Seminare semi per un futuro migliore, il rispetto per i diritti di donne e uomini, per una società nonviolenta che per le passate due decadi ha sofferto le perversità di guerra - ignoranza della legge, impunità, commercio di droga… - fa parte degli instancabili e continui sforzi di Amina Afzali per l’Afghanistan e non solo.
Marta Lucìa Micher Camarena
Mexico
The Mirabel Sisters Human Rights Center
Feminist Millenium and Democratic Revolution Party
Volevano chiamarla Lourdes, ma hanno preferito Lucìa. Marta Lucìa: “Malù”. Avrebbe potuto essere una cantante lirica, ma è entrata in politica. Rifiuti, decisioni, esperienze della ragazza che studiava piano e canto l’hanno portata alla difesa dei diritti delle donne. Alla difesa di se stessa.
Lo Stato del Guanajuato in Messico è noto per il suo conservatorismo e il suo attaccamento ai principi della Chiesa Cattolica. È un bastione della politica di destra. Un territorio molto duro per conquistare una libertà laica e diritti delle donne riguardanti sessualità e riproduzione. Nello Stato messicano Guanajuato, noto per il suo conservatorismo culturale, politico e religioso, una persona giovane può essere incarcerata perfino per un semplice disegno murale.
Malù ha iniziato la sua lotta con la battaglia per un’educazione laica e per la difesa dei diritti umani per le donne. La battaglia più dura è stata quella per i diritti sessuali.
“Ho studiato musica in una scuola ufficiale. La mia famiglia apparteneva alla classe media benestante. Avevo delle compagne di scuola a cui mancavano perfino gli strumenti su cui esercitarsi. A casa avevamo due pianoforti, le mie compagne nemmeno uno. Molte di loro erano virtuose, ma dovevano prendere in affitto lo strumento per esercitarsi. A 17 anni sono stata ammessa ad un esame d’entrata alla Scala di Milano. Nel corso di uno degli esami ho perso la mia voce. Pensavo allora “va bene, questa non è la mia strada”. Rimasi per studiare Storia dell’Arte e sono venuta a conoscere gli scioperi degli studenti. Nel 1973 sono ritornata a casa mettendo in questione la mia visione della realtà. Ho iniziato gli studi presso l’Università nazionale autonoma del Messico”.
Malù ha poi seguito un gruppo di riflessione coordinato da Gesuiti. La sua vita allora si è capovolta. Ha scelto d’identificasi con i poveri e da allora ha vissuto come una di loro. Dalla città si è spostata in campagna e ha iniziato dei progetti a sostegno di scuole per l’infanzia, diritti delle donne e diritti umani. Durante 20 anni ha lavorato per il femminismo.
Ha insegnato all’attuale Presidente del Messico ad usare un linguaggio non sessista.
Marta Lucìa Micher Camarena è oggi membra del Parlamento per il Democratic Revolution Party.
Testi tratti da:
1000 PeaceWomen Across the Globe, a KONTRAST Book
Published by:
the Association 1000 Women for the Nobel Peace Prize 2005
Imprint:
2005 Scalo.
Concept and Production:
KONTRAST Zurich, Switzerland, www.kontrast.ch
Traduzione:
Esther Stella
Asma Jahangir
Human Rights Commission of Pakistan (HRC)
Asma Jahangir (nata nel 1952) è una spina nel fianco dei potenti del Pakistan. Per un quarto di secolo, questa avvocata dei diritti umani ha difeso gli oppressi nella società pakistana, tra cui prigionieri politici, lavoratori vincolati, donne, e minoranze condannate da leggi ingiuste. Asma rappresentò anche un ruolo di cardinale importanza nel costituire strutture istituzionali per fornire aiuto legale gratuito e monitorare i diritti umani in Pakistan. Riconosciuta internazionalmente per i suoi risultati, Jahangir lavora anche con la Commissione Internazionale di Giuristi, ed è un ufficiale senior delle UN.
Essa protagonista di innumerevoli interviste e profili dei media, ha vinto premi internazionali prestigiosi quali il Ramon Magsaysay Award e detiene una carica di alto profilo alle UN. Nonostante ciò, l’avvocata dei diritti umani Pakistani resta una combattente per cause impopolari. Essa continua a trovarsi nei guai con la costituzione Pakistana sollevando problemi che molti ignorano.
Asma è cresciuta nella scuola degli scontri duri. Non era ancora avvocato durante la sua prima battaglia legale nel 1972: suo padre, un legislatore della assemblea nazionale, era stato detenuto dall’allora primo ministro, Zulgikar Ali Bhutto. Asma presentò una petizione costituzionale alla suprema corte impugnando il suo arresto, vincendo in un anno e mezzo. Nel 1980, Asma, laureata in legge alla Punjab University, iniziò il primo studio legale di sole donne insieme a tre socie. Il Pakistan era sotto la legge marziale e il regime di Zia-ul-Haq cercava di portare il paese sotto il diktat della Sharia’. Come una delle membre fondatrici del Women’s Action Forum (WAF), Asma si guadagnò il soprannome di “piccola eroina” avendo capeggiato una marcia di protesta contro le leggi nel 1983. Nel 1986, Asma aprì il primo centro di aiuto legale gratuito, il AGHS Legal Aid Cell. Oltre che per l’aiuto a centinaia di persone della minoranza oppressa, lavoratori vincolati, e donne rurali- l’AGHS è anche altamente considerato per la sua competenza nella ricerca legale e le sue effettive pressioni politiche per riformare leggi che discriminano le donne. Lo stesso anno, Asma aiutò a costituire la Commissione per i Diritti Umani del Pakistan, un corpo indipendente di avvocati e attivisti, nel quale essa servì da segretaria generale fondatrice e presidente.
Dal 1998, Asma ha parlato in favore degli oppressi in alcuni dei peggiori luoghi d’agitazione mondiali, come relatrice speciale delle UN sulle esecuzioni estragiudiziali, sommarie o arbitrarie. Sposata con tre figli, vive a Latore.
Il regime di Zia-ul-Haq’s tentò di portare il Pakistan sotto il diktat delle leggi Islamiche. Tra quelle più significative c’erano quelle che negavano alle donne quei pari diritti che esse avevano con la costituzione, relegandole ad un ruolo di cittadine di seconda classe, e quelle che limitavano duramente la libertà d’espressione.
Lotti Latrous
Foundation Lotti Latrous
Lotti Latrous è nata nel 1953. Ha vissuto in Arabia Saudita, Nigeria e ad Abidjan, la capitale economica della Costa d’Avorio dove lavorò come volontaria nel locale Ospedale Madre Teresa. Il contrasto tra la miseria cui assistette ad Abidjan e la sua vita privilegiata la ispirò a fondare una clinica ambulatorio a Adjouffou, un misero quartiere di Abidjan. Nel 2002 aprì un ospizio per malati di Aids. Il suo prossimo progetto è di aprire un orfanotrofio per bambini i cui genitori sono morti di Aids. La sua famiglia vive al Cairo e in Svizzera.
Lotti rievoca: “Vivevo ad Abidjan nel 2002. Mentre stavo seduta nella mia automobile sono stata colpita da una puzza tremenda come quella di un animale in decomposizione. Sono uscita dall’auto per capire da dove veniva quell’odore irritante e trovai un uomo che giaceva in un buco vicino alla strada, avvolto in un sacco da immondizia. Era completamente disidratato. Benché fosse invaso dalle formiche che uscivano dalle sue orecchie e dalla bocca, respirava ancora. Quando infine mi guardò gli chiesi da quanto tempo giaceva lì, mi rispose che non lo sapeva. Come lo lasciai per chiedere aiuto, egli sussurrò ‘Sono Monsieur René’. La gente nel misero quartiere sapeva che René era giacente lì da almeno dieci giorni e occasionalmente gli avevano portato cibo e acqua. Con l’aiuto degli abitanti del povero quartiere portammo René in una clinica ambulatorio, dove egli rimase per una settimana. Tutto questo mi ispirò a impiantare un ospedale per le vittime terminali dell’Aids.” Lotti è cresciuta a Zurigo, dove incontrò e sposò Aziz Latrous della Tunisia. Hanno tre figli di 25, 24 e 16 anni. Lotti si trasferì a Abidjan, dove suo marito era un direttore della Nestlé e aveva una vita privilegiata. La miseria cui assistette ad Abidjan le diede lo stimolo per costruire una clinica ambulatorio nei quartieri poveri con il totale sostegno di suo marito. Era appena stato aperto nel 1999, quando suo marito fu trasferito al Cairo. Lotti non voleva abbandonare il suo lavoro e fece un patto con la sua famiglia – avrebbe trascorso alternativamente due mesi al Cairo e un mese ad Abidjan. Poiché questo non si dimostrò fattibile a lungo termine, suo marito le chiese di stare con la sua famiglia, ma solo se lo voleva, poiché temeva che il loro amore si cambiasse in odio. Perciò, Lotti si stabilì ad Adjouffou.
I Latrous si fanno visita regolarmente. Nel frattempo Lotti sta lavorando ad un nuovo progetto, costruire una casa per madri e figli malati.
Secondo l’ultimo UN Aids Report tre milioni di persone sono morte di Aids nel 2003. Di queste, 2.2 milioni sono morte nell’Africa Sub-Sahariana dove vive solo il dieci percento della popolazione mondiale
Testi tratti da:
1000 PeaceWomen Across the Globe, a KONTRAST Book
Published by:
the Association 1000 Women for the Nobel Peace Prize 2005
Imprint:
2005 Scalo.
Concept and Production:
KONTRAST Zurich, Switzerland, www.kontrast.ch
Traduzione:
Esther Stella e Luciana Manghi-Contini
Rhoda Chepkobus Rotino
World Vision
Rhoda Rotino, 42 anni, è un’insegnante diplomata della regione West Pokot in Kenya. Attualmente lavora per World Vision come direttrice del programma di sviluppo nel suo distretto d’origine. Per anni si è impegnata contro la mutilazione genitale (FGM) e matrimonio precoce di ragazze. Insiste molto sul diritto alla scolarizzazione delle ragazze. Facendo tesoro della sua esperienza personale ha contribuito a far accettare l‘idea di un rito alternativo di passaggio per le ragazze per entrare nella vita di adulta. Non si stanca di attirare l’attenzione e promuovere la presa di coscienza contro la mutilazione FGM fra la comunità dei Pokot. È stata condannata e criticata come traditrice della comunità. Tuttavia, la sua passione e determinazione di battersi per i diritti delle donne e delle ragazze è tuttora viva. Ci vuole un grandissimo coraggio per ribellarsi contro la mutilazione genitale in una regione dove è diffusa e considerata un diritto di passaggio all’età adulta per tutte le ragazze. Questo è quanto sta facendo Rhoda Rotino nel distretto Pokot in Kenya.
FGM e matrimonio precoce violano i diritti delle ragazze e le tengono lontane dalla scuola. Molte muoiono dissanguate a seguito della mutilazione e anche più tardi durante il parto, perché i loro corpi non sono ancora maturi per partorire. L’impegno di Rhoda e la sua battaglia per donne e ragazze sono iniziati nella sua comunità dove, da volontaria, ha salvato da FMG delle ragazze. FMG è illegale in Kenya, ma in molte comunità è ancora praticata. “Essendo una delle poche ragazze della mia comunità ad aver frequentato la scuola, sono stata illuminata e informata sui miei diritti” afferma la madre di due maschi e tre femmine.
Grazie ai suoi sforzi più di mille ragazze hanno potuto godere di diritti di passaggio alternativi. Rhoda sostiene che questi diritti “circumcidono la mente” e le ragazze possono continuare la loro formazione. Per una dozzina di professioniste della mutilazione sono state trovate delle fonti alternative di guadagno. Migliaia di persone della regione hanno ricevuto informazioni riguardanti FGM e la presa di coscienza è in continua ascesa.
FGM è praticato in non meno di 28 paesi africani. Si stima che due milioni di ragazze cadono annualmente vittime di questa tradizione dannosa. A causa della persistente povertà e analfabetismo, si pratica ancora la mutilazione genitale. Esistono delle comunità in cui circa il 50 percento delle donne hanno subito questa pratica ancora radicata in Kenya.
Veronica Wanjiru Kinyanjui
Kangemi Women Empowerment Center,
Kenya Human Rights Commission (Khrc)
Federation of Women Lawyers in Kenya (Fida)
Veronica Wanjiru Kinyanjui, 43 anni, lavora come consulente a Nairobi. Dal 2003 ha ricoperto la carica di coordinatrice (senza ricompensa) del Kangemi Women Empowerment Center, con la comunità di base. Kangemi è un quartiere periferico di Nairobi, molto povero, trascurato e congestionato. I suoi numerosi abitanti appartengono a gruppi etnici differenti. Il Centro, fondato nel 1997, organizza corsi riguardanti salute, diritti umani, sostegno all’economia, corsi per bambini e giovani e per la comunità tutta. “Mamma, perché non ti cerchi un vero lavoro?” le chiede suo figlio di 19 anni. Veronica Kinyanjui si mette a ridere davanti alla preoccupazione del figlio e risponde “Dio mi darà un lavoro, un giorno o l’altro”. Da due anni dirige il Kangemi Women Empowerment Center senza ricevere paga. “Non abbiamo fondi, ma io voglio lavorare per e con la comunità.” È nata in una famiglia benestante di Kangemi, vive in una delle case del padre e percepisce un piccolo reddito con l’affitto di altre case. Da giovane è stata stuprata e solo due anni fa ha reso pubblica la sua tremenda esperienza in un’intervista. “Mi sono sentita finalmente più libera e leggera, dopo la pubblicazione. Desidero che tutte le donne violentate e maltrattate di Kangemi sentano con me questa liberazione.” Il “Kangemi Women” – come Veronica chiama il suo Centro – organizza dei corsi riguardanti la salute, lo sviluppo economico, i diritti umani, l’organizzazione di giovani, bambine e bambini, e di tutta la comunità. Una volta la settimana si può usufruire gratuitamente di un servizio medico e di consigli legali impartiti da un/a avvocato/a della Kenya Human Rights Commission. Il Centro non vuole soltanto rafforzare le competenze delle donne. Veronica stima che fino a 10'000 persone sono assistite direttamente o indirettamente dal Centro tramite 60 gruppi di auto-aiuto. “Sono felice di vedere che l’ufficio è aperto e operante tutti i giorni. Mi manca quando non posso andarci.” Intervenire contro l’abuso di droghe, stupro e violenza in famiglia è preoccupazione giornaliera di Veronica Kinyanjui. “Prego tanto di essere capace di fare questo lavoro,” dice questa donna piena di fede. “Credo che Dio mi voglia qui.” Poi la donna così riflessiva, quasi riservata, diventa appassionata: “Sono nata per essere un’attivista, voglio combattere per i diritti del popolo”. Circa il dieci percento della popolazione del Kenya, ossia 3 milioni di persone, vive nella capitale, Nairobi. La maggior parte di esse vive in aree congestionate e povere, con insufficiente rifornimento di acqua ed elettricità, scarsi servizi medici, ma con un alto tasso di criminalità. Più della metà di tutti i Keniani vive sotto la soglia di povertà.
Testi tratti da:
1000 PeaceWomen Across the Globe, a KONTRAST Book
Published by:
the Association 1000 Women for the Nobel Peace Prize 2005
Imprint:
2005 Scalo.
Concept and Production:
KONTRAST Zurich, Switzerland, www.kontrast.ch
Traduzione:
Esther Stella
Zhiying Ma
Ma Zhiying vive nel remoto villaggio Sabao, Zhengqi Town, nella Contea Haiyuan, Regione Autonoma Ninxia Muslim. Qui essa ha aiutato ragazze in situazioni difficili a completare gli studi, pur con un magro reddito da parte sua. Ma ha contribuito moltissimo all’educazione di ragazze delle povere regioni della Cina Occidentale.
Ma Zhiying è una comune donna Muslim e vive al Villaggio Sabao, un posto che, secondo il Programma Mondiale di Nutrizione delle Nazioni Unite, è “estremamente inadatto per la vita umana”. Povertà e arretratezza rendono difficile l’educazione, specialmente per le donne. Benché Ma Zhiying finì le scuole superiori con un buon risultato accademico, non potè continuare gli studi perché la sua famiglia era troppo povera.
Ma lavorò come addetta alle pulizie in un mercato sotto l’Ufficio di Industria e Commercio con un salario mensile di 200 yuan. Questa misera somma, tuttavia, è la base del suo altruismo.
Un giorno del 1997, Ma stava andando al lavoro come al solito. Mentre stava passando dalla Scuola Superiore No. 2 di Haiyuan, vide una ragazza che vagava su e giù di fronte al cancello. Ma scoprì che la ragazza era stata ammessa alla scuola, ma aveva dovuto lasciarla per difficoltà finanziarie. Essa la riaccompagnò a casa.
Un altro giorno del 1999, Ma Zhiying vide in un piccolo vicolo alcune ragazze raccolte intorno a una stufa a cherosene intente a cuocere. Risultò che la loro scuola non aveva un dormitorio, così dovevano affittare un posto il meno caro possibile che potessero trovare, e sovente non c’era posto per cuocere. Ma le portò a casa sua. Da allora, la famiglia di Ma iniziò a riservare le loro tre migliori stanze per ospitare gratuitamente ragazze della campagna. In totale 73 studenti hanno beneficiato di questo. Fin ora, Ma ha speso 120,000 yuan in questo lavoro ritagliandoli dalle spese famigliari.
Negli ultimi anni, oltre 30 di queste ragazze sono state accettate nelle università. Ogni volta che questo accade, Ma si emoziona moltissimo dicendo “Quando una ragazza è accettata, mi sento come se io stessi per avere la mia propria vita universitaria.” Ma è stata licenziata dal suo lavoro nel 2002, ma essa non abbandonò il suo altruismo.
La Contea Haiyuan, nella Regione Autonoma Ningxia Muslim, è un posto conosciuto per essere “estremamente inadatto per la vita umana” secondo il Programma Mondiale di Nutrizione delle Nazioni Unite. Povertà e discriminazione rendono difficile l’educazione. I ragazzi ricchi possono accedere a un’educazione secondaria, per gli altri, il massimo che possono avere è un’educazione primaria.
Amina Afzali
Marta Lucìa Micher Camarena
Asma Jahangir
Lotti Latrous
Rhoda Chepkobus Rotino
Veronica Wanjiru Kinyanjui
Zhiying Ma
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